Tina Sgrò (bordeaux) (Reggio Calabria, 1973)
Interno, cm 100 x 100
Artista considerata tra le più interessanti del panorama contemporaneo italiano, Tina Sgrò presenta nelle sue tele scorci di interni, nobili saloni, eleganti camere, visuali di balconi, che rievocano emozioni passate. Le stanze ritratte da Tina Sgrò diventano portatrici di messaggi, di ricordi di un passato vissuto. La luce diventa la predominante di tutte le sue più recenti collezioni, luce che permette allo sguardo di raggiungere spazi nascosti, luoghi dell’anima. Luce che va oltre la luce, svelando segreti e angoli bui, che regala un’anima a quel passato dolente, intriso di sentimenti ed emozioni. Ha già conseguito diversi successi nell’ambiente dell’arte contemporanea seguiti alla Targa d’Oro del Premio Arte Mondadori del 2006. Le sue sono opere che portano prepotentemente l’attenzione su oggetti di uso quotidiano nell’attimo seguente all’azione. La figura, assente, ha compiuto l’azione, scomparendo repentinamente, e lasciando l’oggetto in uno stato di quiete e solitudine. Scrive Marta Toma a proposito di di Tina Sgrò : “Il racconto domestico di Tina Sgrò è un voluttuoso noir costellato di indizi: una lampada accesa, una sedia scostata, un lenzuolo sgualcito, tracce inequivocabili di presenze assenti. Un labirinto di stanze disabitate e svuotate di ogni funzione, in cui l’artista allestisce una giostra di relazioni mancate. Luoghi della solitudine e dell’abbandono, frequentati da oggetti-sentimenti feriti, usati e poi dimenticati. Ambienti inospitali, ovattati e silenti, in cui la materia è ossessionata da una luce che disturba, distorce, dissocia e rigenera, in un tempo sospeso e dilatato. Luce meridiana che nasce nell’ombra, nel barlume crepuscolare che risale una tenda polverosa e si insinua nelle fessure, ammanta gli oggetti e se ne impossessa. Assiepandosi tra le molecole delle cose, cristallizza la visione in un filtro cromatico che azzera ogni variazione di tono, per poi esplodere con la potenza di una deflagrazione atomica. La sua pennellata sensuale, pastosa e umida, impressiona la tela come una pellicola fotografica. Scontorna le figure, le disfa e le ricompone di bagliori inattesi, negli interni cupi e sommessi. Fenomeni atmosferici di Boldiniana memoria, accendono il ricercato mobilio retrò. Anche l’aria ha un peso. Un quotidiano senza visite popolato di visioni metafisiche, di desideri inespressi e pulsioni oniriche. Trappole emotive, il cui punto di fuga è sempre al di là del visibile. E un fuori, se c’è, è la dissertazione su uno spazio metropolitano desertico e scarnificato. Un reportage di strade, ponti e palazzi della sua città, imbevuti di un fulgore accecante. Scheletri d’acciaio e blocchi di cemento armato, si intersecano con l’asfalto in prospettive liquide e sfocate che ridisegnano il campo visivo. Lo chiamano effetto Morgana. L’aspetto fugace di queste ‘immagini analogiche’, rievoca quello delle polaroid sbiadite dal tempo. Luoghi appena riconoscibili, corrosi e trasfigurati dalle radiazioni luminose. Sinestesie anestetiche in una sinfonia urbana fatta di interferenze, dove il contrasto luci-ombre/bene-male si fa estremo.”
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